La Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB): cos’è e come si cura

*Foto della dott.ssa Ciancio, scattata prima della pandemia Covid19

La Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB) è la patologia periferica di più frequente riscontro nella pratica otoneurologica, con un tasso di prevalenza annuale di 128 VPPB su 100.00 abitanti ed un tasso di incidenza annuale di 72 VPPB per 100.00 abitanti. È prevalente nel sesso femminile e l’età di insorgenza è variabile, anche se tra i 50 ed i 60 anni vi è un picco di incidenza. Ma vediamo del dettaglio cos’è la VPPB, come si manifesta e come si cura. Ne parliamo con la dott.ssa Giovanna Ciancio, Medico-Chirurgo specialista in Otorinolaringoiatria, perfezionamento in Vestibologia, che riceve nella sede Lucea di Gioia del Colle.

Cos’è la Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB)?

La VPPB è una malattia labirintica ad elevata prevalenza, caratterizzata da brevi e parossistiche crisi vertiginose oggettive causate dai movimenti della testa sul piano verticale e/o orizzontale.
Le crisi sono ripetitive e si raggruppano generalmente in un periodo limitato di tempo (fase attiva) con tendenza a recidive dopo intervalli silenti di durata imprevedibile (fase inattiva).
Può manifestarsi in qualsiasi età, ma è del tutto eccezionale nell’adolescenza diventando frequente negli adulti e negli anziani.
La prima rilevazione clinica della VPPB fu compiuta da Barany nel 1921. Le successive segnalazioni, tuttavia, mancarono di continuità e di precisione sia patogenetica che eziologica. Sul piano clinico questa sindrome è stata correttamente definita nel 1952 dagli studi di Dix e Hallpike.
La VPPB è contraddistinta da crisi vertiginose oggettive, ovvero con sensazione di rotazione dell’ambiente circostante più che di sé stessi nell’ambiente, di breve durata, spesso associate a corredo vagale di maggiore o minore intensità.
La vertigine è posizionale in quanto le crisi si replicano ogni volta che il paziente esegue particolari movimenti del capo.
L’esordio della vertigine è, nella maggioranza dei casi, mattutino o notturno, al momento di mettersi seduto o di coricarsi o anche di girarsi nel letto. Altri movimenti sono quelli di alzare o flettere all’indietro la testa o abbassarsi per raccogliere qualcosa o di allacciarsi le scarpe.
L’intensità delle crisi vertiginose è tale da indurre i pazienti a ridurre, spesso inconsapevolmente, i movimenti della testa e del corpo in modo da attenuare il più possibile i sintomi.
Ciascun episodio di vertigine ha un esordio brusco, improvviso, una durata limitata (secondi – 1 minuto) e si esaurisce, altrettanto repentinamente come è cominciato, se il paziente rimane immobile nella posizione assunta.
Il termine parossistica deriva dal particolare andamento del reperto nistagmico vincolato a ciascuna crisi posizionale: l’intensità della vertigine, così come quella del nistagmo, infatti aumenta rapidamente, raggiunge un suo massimo e si mantiene tale per alcuni secondi, per poi rapidamente attenuarsi fino a scomparire.
Inoltre, è definita benigna per la sua evoluzione favorevole.

Da cosa è causata la Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB)?

La sola causa certa è quella traumatica (incidenti stradali, cadute con trauma cranico, cure odontoiatriche); altri fattori eziologici ipotizzati sono di origine degenerativa, virale, vascolare, ma circa il 50 % delle VPPB deve ancora essere classificata come idiopatica.
Nella recente letteratura è stata supposta una correlazione con bassi livelli ematici di Vitamina D e dimostrato che l’integrazione di questa possa ridurre il tasso di recidiva.
Per spiegare l’insorgenza della VPPB sono state ipotizzate varie teorie, le più accreditate delle quali sono quelle della cupololitiasi e della canalolitiasi.
Entrambe le teorie contemplano lo spostamento di Otoconi (Otoliti) dalla loro sede naturale che è la macula dell’utricolo fino alla cupola di un canale semicircolare o in un canale stesso, creando delle correnti endolinfatiche ampullipete o ampullifughe.
I canali semicircolari costituiscono il vestibolo posteriore e sono tre per lato: posteriore, laterale, superiore.
La manifestazione semeiologica tipica della VPPB è il nistagmo parossistico posizionale la cui morfologia è espressione dell’interessamento di uno specifico canale semicircolare.
La VPPB interessa molto frequentemente il canale semicircolare posteriore (CSP), la variante da interessamento del canale semicircolare laterale (CSL) è meno comune e quella da canale semicircolare anteriore (CSA) è rara.
Il piano sul quale si estrinseca il movimento oculare (nistagmo) ad opera del riflesso vestibolo-oculomotore ed i movimenti che lo scatenano consentono di individuare il canale o i canali interessati e la sua direzione indica il tipo di sollecitazione a cui vengono sottoposti i recettori.

Come viene diagnosticata la Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB)?

La VPPB viene diagnostica attraverso manovre diagnostiche finalizzate a valutare l’interessamento di uno o più dei sei canali semicircolari.
Durante la manovra diagnostica la comparsa di un nistagmo è accompagnata dalla sensazione di vertigine del paziente, associata o meno a sintomatologia neurovegetativa come nausea, vomito, sudorazione fredda, la stessa che il paziente avverte durante la crisi vertiginosa.

Come si cura la Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB)?

Alla diagnosi segue immediatamente la terapia ovvero la manovra di riposizionamento canalare che sarà diversa a seconda del canale interessato. Dopo circa 5-7 giorni è prevista una visita di controllo. Per alleviare i sintomi come nausea e vomito possono essere prescritti farmaci specifici che non saranno curativi della vertigine.
L’unica terapia possibile per curare la vertigine è quella fisica riabilitativa eseguita in ambulatorio dallo specialista otorinolaringoiatra vestibologo.
Nella maggior parte dei casi ad una sola seduta di terapia segue un buon successo, ma in altri casi è necessario ripetere le sedute a distanza di circa una settimana fino anche a cinque volte, soprattutto nei casi di VPPB misconosciute per lungo tempo e quindi mai trattate adeguatamente.
Solo l’1% circa delle VPPB risultano refrattarie alla terapia, anche se correttamente eseguita.

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